Parere negativo della Conferenza Stato Regioni ascoltata in audizione presso la Commissione Parlamentare
CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME
AUDIZIONE PRESSO LA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'INFANZIA E
L'ADOLESCENZA IN MERITO AL III PIANO BIENNALE DI AZIONI E DI INTERVENTI PER LA
TUTELA DEI DIRITTI E LO SVILUPPO DEI SOGGETTI IN ETÀ EVOLUTIVA
La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome esaminato
lo schema di Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti
e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, rileva: in via preliminare che, non
essendo ancora fissati i Livelli Essenziali delle Prestazioni sociali e
socio-educative, il Piano, non è rispettoso delle competenze attribuite ai
diversi livelli di Governo dall'attuale quadro costituzionale e dalle recenti
norme in materia di Federalismo fiscale; pertanto l'attuazione dello stesso
dovrà essere ampiamente condivisa con le Regioni cui spettano indirizzi e
programmi per il territorio di afferenza.
In questo quadro, proprio per la
condivisione sull'importanza di politiche a favore dell'infanzia e
dell'adolescenza, diventa dirimente, l'individuazione di risorse finanziarie per
lo sviluppo di tali politiche, anche secondo quanto previsto dalla legge 451/97,
come modificata dal DPR. 14 maggio 2007, n. 103, laddove si prevede che il Piano
nazionale di azione e di interventi per la tutela e lo sviluppo dei soggetti in
età evolutiva "sia lo strumento di applicazione e di implementazione della
Convenzione sui Diritti del Fanciullo", conferendo "priorità ai programmi
riferiti ai minori", ed individuando le modalità di finanziamento degli
interventi in esso previsti.
Le modalità di finanziamento sono quindi
considerate anche dal legislatore statale, come condizione per rendere operativa
e credibile la programmazione contenuta nel Piano stesso, che rappresenta un
impegno delle Regioni nei confronti dei propri cittadini. Se gli impegni e gli
indirizzi indicati nel Piano diventano "meramente programmatici" il loro
significato assume un profilo virtuale e fa venire meno anche la stessa
previsione biennale del Piano.
Nelle azioni non vengono definiti con
sufficiente chiarezza "competenze e responsabilità" tra "promotori" e
"collaboratori" che sul piano attuativo hanno responsabilità completamente
differenti. Anche la introduzione nelle "azioni di sistema" delle
Amministrazioni Provinciali desta perplessità in relazione ai ruoli che la
pianificazione regionale ha già attribuito alle stesse e che nella gran parte
dei casi non sono conformi a quanto è stato individuato nel Piano.
In
sintesi, le Regioni e le Province autonome, proprio nel condividere l'approccio
complessivo del Piano, e apprezzando l'impegno in esso contenuto circa
l'adeguamento di normative vigenti (affido familiare, Testo unico delle leggi
sull'infanzia e l'adolescenza, legge 53/2000 e DLgs 151/01, innovazioni in tema
di giustizia minorile, promozione dell'interculturalità, etc.), non possono
astenersi dal rilevare criticità sui contenuti generali, quali:
1. Assenza
di risorse finanziarie certe (anche come rifinanziamento di leggi vigenti);
2. Livelli Essenziali delle Prestazioni: sono indicati dal Piano più volte
in termini formali, per assicurarne "attenzione costante e prioritaria" (pag.
8), e come obiettivo generale del "sistema di tutele e garanzie dei diritti
delle persone di minore età".(pag 18). Di fatto, l'individuazione dei LEP è
richiamata solo per alcune azioni (servizi integrati per la prima infanzia) pag
10), adozione nazionale ed internazionale (pag 15), contrasto alla pedofilia e
pedopornografia (pag 25), funzioni di proposta politica da parte del garante
(pag 21). Sembra ovvio, che senza la preventiva definizione dei livelli
essenziali per l'infanzia, all'interno delle politiche sociali, attraverso
specifico accordo con la Conferenza Unificata e in armonia con le norme del
Federalismo (legge 42/09 e successivi Decreti anche in corso di emanazione), il
Piano è destinato ad essere un documento di intenti;
3. Sono state
eliminate, nella quasi totalità delle schede, rispetto alla versione licenziata
dall'Osservatorio, le indicazioni sugli "Strumenti" e sui "Tempi", rendendo in
questo modo "difficilmente verificabili" gli impegni da assumere;
4.
Particolarmente per i temi dell'esclusione sociale e dell'immigrazione emerge un
approccio molto orientato alla "riparazione" (fatto salvo quanto evidenziato sui
rapporti intergenerazionali), piuttosto che alla prevenzione e alla promozione
di opportunità;
5. Sull'organizzazione dei servizi per minori, fatte salve
alcune eccezioni, manca il riferimento esplicito all'approccio multidisciplinare
e al lavoro di équipe, anche come necessario supporto a concrete possibilità di
valorizzazione dell'apporto del Privato sociale;
6. Circa l'ascolto del
minore, al di là dell'affermazione di massima della sua necessità, si rileva
spesso il venir meno del riferimento a strumenti e metodi che ne rendano
possibile e misurabile la concreta attuazione.
Nel merito delle singole
schede si rileva che:
a. Le schede relative al "sostegno alla genitorialità"
(A03 e A08) sottendono un approccio assistenzialistico, contrario alla logica
dell'welfare delle opportunità: il sostegno alla genitorialità dovrebbe permeare
tutte le politiche pubbliche e non solo essere declinato per le famiglie con
fragilità, né può esaurirsi con la sperimentazione di servizi educativi
domiciliari (es. nidi). In proposito, è da segnalare, in ordine a quanto
rilevato sul rispetto delle competenze istituzionali, la previsione di un
"avviso pubblico" statale per la sperimentazione di asili domiciliari, (si
ricorda in proposito quanto già affermato nel merito dalla Corte costituzionale
con sentenza 320 del 2004);
b. E' da precisare come l'allontanamento dalla
famiglia, sia oggi da considerare "residuale" e riservato ai casi di assoluta
necessità, attivando sostegni ed aiuti alla famiglia di origine. Le condizioni
di indigenza della famiglia devono essere contrastate con adeguate forme di
sostegno; già la legge 149/01 "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei
minori" stabiliva che le condizioni di indigenza dei genitori non potessero
"essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia".
Eventuali "patologie" del sistema rispetto ai già vigenti obblighi di legge
(cioè eventuali allontanamenti per meri motivi di indigenza della famiglia)
devono essere affrontate come fatti specifici e non possono rappresentare lo
schema di riferimento della programmazione nazionale.
c. Le schede A07 e A08
che propongono linee di orientamento per il Servizio Sociale e per la
prevenzione dell'allontanamento dalla famiglia, richiedono di essere sostenute
con importanti finanziamenti, proprio per mettere in atto le risorse necessarie
ad attivare servizi preventivi;
d. Appaiono carenti e tra loro scarsamente
integrate le misure a favore degli adolescenti (scheda A13), particolarmente
nell'ottica di promozione di opportunità, di prevenzione, di cittadinanza
attiva. Rispetto alla precedente stesura è inoltre stato eliminato il
riferimento "a finanziamenti dedicati" dello Stato;
e. La scheda sul
sostegno alla frequenza scolastica contro l'esclusione sociale (A14) introduce
le "zone di educazione prioritaria "e le "scuole di seconda occasione" che
suggeriscono "categorizzazioni" e strumenti "potenzialmente ghettizzanti",
contrari agli indirizzi di integrazione sociale;
e. Nella scheda relativa ai
minori disabili e con difficoltà di apprendimento (B07), proprio per i motivi
sopra indicati, è "discutibile" l'introduzione della "salvaguardia di scuole
specialistiche integrate" per favorire l'apprendimento in presenza di specifiche
disabilità;
f. Riguardo all'azione sul ricongiungimento familiare degli
stranieri (D01), premesso che la legge 94/09 ha ristretto tale opportunità anche
rispetto alla certezza dei tempi, si segnala che, per promuovere interventi di
qualità, occorre prevedere l'informazione agli Enti locali sulle domande e sulla
tempistica del ricongiungimento, in modo da consentire loro di organizzare
preventivamente l'accoglienza del ragazzo, (es: nei servizi educativi,
nell'ambito del diritto allo studio, etc.)
g. Sul rafforzamento del ruolo
delle seconde generazioni (D07), occorre considerare che, dal punto di vista
della loro condizione giuridica, i minori e gli adolescenti in questione,
vivono, in linea di massima, una condizione di "inferiorità" rispetto ai loro
coetanei con cittadinanza italiana. E' una consapevolezza che si evidenzia
soprattutto al compimento del diciottesimo anno di età, quando per la prima
volta sono chiamati a giustificare la loro presenza in funzione dell'ottenimento
di un permesso di soggiorno per motivi di studio o di lavoro, con l'improvvisa
percezione della loro potenziale esclusione dalla società in cui sono cresciuti.
Occorre inoltre non trascurare l'aspetto della cittadinanza, anche tramite la
modifica della legge 91/92, come peraltro previsto, nella precedente stesura del
Piano.
Infine, non ultimo in ordine di importanza, ma collegato allo stesso
successo del Piano, si sottolinea che per le rilevanti funzioni conferite dalla
norme statali all'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, è
importante ed urgente procedere alla riconferma di tale organismo, di perdurante
utilità, per analisi, proposte e valutazioni, che vedano correttamente
rappresentate le diverse istanze istituzionali e sociali 1.
1 Art 10 DPR 103/2007. "Tre mesi prima della scadenza del
termine di durata, l'Osservatorio e il Centro di documentazione presentano una
relazione sull'attività svolta ai Ministri delle politiche per la famiglia e
della solidarietà sociale, che le trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 29, comma 2-bis, del
decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge
4 agosto 2006, n. 248, ai fini della valutazione congiunta della perdurante
utilità degli organismi e della eventuale proroga della durata, comunque non
superiore a tre anni, da adottarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta dei Ministri delle politiche per la famiglia e della
solidarietà sociale."
A conclusione di quanto esposto, al di là degli
aggiustamenti tecnici sopra evidenziati, il mancato riferimento a risorse
finanziarie e la non determinazione dei livelli essenziali (come previsto
dall'articolo 117, lettera m) della Costituzione), non consente allo stato
attuale una valutazione positiva sul Piano e sulla sua concreta operabilità.
Roma, 28 ottobre 2010