Servono più risorse per la scuola, ma anche più qualità
Fonte: superando.it -
di Giovanni Mordente** «Servono più risorse per la scuola, ma anche più qualità
in termini di attività formative e impegno a produrre buoni risultati. Certo
dipende dalle risorse, dagli ordinamenti, ma anche dagli insegnanti». Lo ha
recentemente dichiarato il presidente della Repubblica Napolitano e prendendo
spunto da quelle parole, con la presente analisi vengono esaminati una serie di
dati, riguardanti il numero degli studenti, disabili e non, le risorse
economiche e umane assegnate nelle varie zone d'Italia, arrivando a formulare
una proposta che consenta di migliorare la situazione per tutti gli alunni.
Recentemente, al Giffoni Film
Festival, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha
affrontato con i ragazzi le tematiche relative alla crisi in cui si
dibatte il sistema scolastico: «Servono più risorse per la scuola - ha
dichiarato - ma anche più qualità in termini di attività formative e impegno a
produrre buoni risultati. Certo dipende dalle risorse, dagli ordinamenti, ma
anche dagli insegnanti».
Con il conforto dell'analisi di alcuni dati,
certamente non esaustiva, intendiamo qui soffermarci sulla quantità e
sulla qualità delle risorse a disposizione delle scuole, sugli ordinamenti
scolastici e sui gradi di libertà dei docenti in funzione dell'offerta
formativa proposta agli alunni con disabilità e alle cosiddette "eccellenze"*.
Numero degli studenti
Come si puo vedere dalla
Tabella 1 ( cliccare
qui ), gli alunni con disabilità non sono equamente
distribuiti sul territorio (la Lombardia, ad esempio, rispetto alla
Campania, a fronte del 14% in più di alunni globali - 1.094.333 contro 956.137 -
ha il 28% in più di alunni con disabilità - 26.738 contro 20.875 -. Di converso,
in Puglia, rispetto al Piemonte, è presente il 28% in più di alunni globali -
651.880 contro 510.058, ma solo il 4% in più di alunni con disabilità - 13.205
contro 12.745).
Non essendovi più enclaves che possano giustificare
danni genetici concentrati, il fenomeno può essere dovuto
esclusivamente alle diverse modalità di certificazione. Nella
fattispecie, quindi, Lombardia e Piemonte includono fra gli alunni disabili
quelli magari "borderline", che in Campania o in Puglia non vengono
classificati come disabili. La conseguenza è che in queste due ultime
Regioni gli alunni certificati sono mediamente più gravi e
quindi vi è un rapporto alunni/docenti più basso.
Da notare poi che se si
estendessero a livello nazionale i parametri utilizzati in Piemonte, avremmo un
aumento del numero di alunni certificati come disabili pari a 11.000
circa, mentre usando quelli lombardi l'aumento sarebbe
"solo" di 7.000. Di contro, usando a livello nazionale i
criteri campani o pugliesi, gli alunni disabili si ridurrebbero rispettivamente
di 13.000 o addirittura di 25.000 unità.
Differenze macroscopiche, queste, che denotano una carenza di
governance del sistema, sia nella strutturazione dei protocolli, sia
quando la risposta al problema didattico posto dalla disabilità viene
successivamente affidata al solo rapporto docente di
sostegno-alunno, nella mancanza di un quadro ordinamentale in cui
possano trovare risposte adeguate alunni, docenti e genitori di una qualsivoglia
parte d'Italia.
Risorse economiche e risorse umane
Lo Stato
utilizza per il sistema istruzione risorse economiche - ancorché troppo
basse rispetto agli altri Paesi - sostanzialmente equilibrate tra le
singole Regioni. Lo stesso purtroppo non avviene per le risorse aggiuntive a
carico degli Enti Locali, come si può vedere consultando la Tabella
2 ( cliccare
qui ).
Le risorse economiche dello Stato, infatti, sono
per lo più destinate agli emolumenti al personale (90% circa), mentre quelle di
Enti Locali e Regioni sono utilizzate da Comuni e Province per la
manutenzione delle scuole (41.500 circa di cui 4.900 circa a carico
delle Province), per gli emolumenti e per le spese correnti e di
investimento.
La differenza tra i contributi delle Regioni al
sistema scolastico - notevolissima e non giustificata dal diverso numero di
plessi scolastici - si riverbera naturalmente sulla qualità dell'offerta
formativa. Non a caso le scuole emiliane, che hanno il più alto valore
di trasferimenti, sono state studiate anche da istituzioni straniere.
Si
veda ora la Tabella 3 ( cliccare
qui ), che ripartisce le risorse finanziarie provenienti
dagli Enti Locali, dividendole tra Nord, Centro, Sud e Isole.
Qui si può
notare che al sistema istruzione del Sud mancano un miliardo e
mezzo di euro annui per una piena equiparazione tra le offerte
formative. Una differenza, questa, che si ripercuote sullo sviluppo nazionale
perché non permette al sistema istruzione di produrre "eccellenze", e di
trattenerle in loco, con una perdita di potenzialità di ricchezza nazionale.
La singolarità della situazione evidenzia poi un fatto non
controverso: che il Sud, nonostante i ridotti contributi, ha un divario
- rispetto alla media nazionale - solo dell'8% (test PISA OCSE) e la Campania
ancora più ridotto con il suo 4% circa. Se rapportiamo questo dato ai ridotti
finanziamenti alle scuole, ciò significa un'efficienza e una produttività del
10-15%, superiore alle scuole del Centro-Nord: vi sono quindi "eccellenze" che
potrebbero emergere, ma che non possono farlo perché non
alimentate. Ne discende anche che - se vogliamo affrontare la sfida
mondiale - debbono essere liberati quegli spiriti capaci, anche in condizioni
avverse, di riuscire comunque a raggiungere risultati notevoli. A Nord
come a Sud.
Necessita in sostanza una profonda
rimodulazione dei rapporti interni alle singole scuole e una
governance locale e nazionale che affronti la sfida della conoscenza
guardando alla scuola, di ogni ordine e grado, non solo come consumatrice di
servizi, ma come produttrice di cultura in grado di competere a
livello globale e porsi come fornitrice di metodiche, sussidi e contenuti ai
sistemi scolastici europei e occidentali.
Una proposta
La
necessità di investire in conoscenza e innovazione e di coordinare meglio i
livelli di governance del sistema di istruzione e formazione, porta a
riproporre un intervento uniformemente distribuito sul territorio
nazionale che faciliti l'erogazione di servizi agli alunni, sia
disabili che "eccellenti", accrescendone l'efficacia e diminuendone nel contempo
i costi.
Tale intervento - a parere di chi scrive - potrebbe attuarsi
portando un numero definito di scuole - 5.000 circa - ad accogliere mediamente
due alunni con disabilità per ogni classe e al contempo dotare le scuole di
attrezzature, servizi e gradi di libertà che permettano di costruire curricoli
didattici in grado di dare risposte ai disabili e alle "eccellenze".
Aumento dei gradi di libertà dei docenti ed elezione del Dirigente
Scolastico
Riteniamo sia necessario liberare risorse intellettuali
da mettere a disposizione della crescita anche economica della comunità. Non si
dimentichi che la scuola ha -insieme all'università e alla ricerca - la
più alta concentrazione di laureati nelle più diverse discipline. Si
potrebbe quindi fare leva sulle conoscenze e sulla professionalità acquisita,
nonché sulla possibilità di agire "in squadra", per facilitare l'ideazione e la
realizzazione di sussidi, protocolli e curricoli didattici.
Tali sussidi e
protocolli potrebbero essere commercializzati da cooperative sociali a livello
provinciale che gestirebbero anche i diritti di autore dei docenti realizzatori.
E ancora, la presenza di un Direttore Amministrativo in ogni
scuola - alter ego del Dirigente - permetterebbe di
corresponsabilizzare maggiormente il personale scolastico che deciderebbe -
attraverso l'elezione del Dirigente scolastico e del suo team, da parte dei
docenti, del personale ATA [ Amministrativo, Tecnico e Ausliario,
N.d.R .] e dei genitori del Consiglio di Istituto - la politica scolastica,
adeguandola ai continui sviluppi della conoscenza. Il Dirigente
resterebbe in carica - senza perdere il contatto con la didattica e quindi con
esonero parziale - per i tre anni o cinque anni del corso di studi.
Questa
nuova responsabilità, unita alla possibilità di poter esprimere al meglio la
propria professionalità, condurrebbe i docenti ad essere sempre più
attenti all'evoluzione della didattica e dei contenuti della propria
disciplina, con rimarchevoli ricadute sul processo formativo degli alunni.
Scuole particolarmente attrezzate
Qui l'intervento
dovrebbe essere concentrato nelle scuole primarie e secondarie di primo
grado, quando - per l'età degli alunni - è maggiore la possibilità di
recuperare abilità intellettive, sociali e di relazione che
consentiranno successivamente una minore pressione sull'assistenza pubblica.
Circa cinquemila scuole, sull'intero territorio nazionale, vedrebbero dunque
potenziata l'offerta formativa mediante l'adozione di curricola standard e la
dotazione standard di attrezzature e sussidi materiali e informatici,
concentrando su di esse le risorse, nazionali e locali, che attualmente
vengono disperse in molteplici direzioni, certi che quanto
investito avrà un'incidenza pluriennale sull'attività didattica.
Da notare,
per altro, che - almeno nelle grandi città - è già in atto una concentrazione
informale di alunni con disabilità in alcune scuole che vengono ritenute dai
genitori più rispondenti alle necessità dei figli.
L'attività formativa
avverrebbe all'interno di un protocollo nazionale che
definirebbe le proposte formative per le singole tipologie di disabilità e
sarebbe organizzata in base a progetti che prevedano interventi
scolastici integrati nelle classi comuni.
Mutuando una scelta
attuata ad esempio in Belgio , potrebbero essere previste otto
categorie di disabilità (disabilità mentali leggere; disabilità medie e gravi;
problemi comportamentali e della personalità di grave entità; disabilità fisica;
allievi ospedalizzati; disabilità visive; disabilità uditive; disabilità
strumentali).
Tale approccio consentirebbe di offrire i necessari
servizi all'utenza con una notevole riduzione, a regime, delle risorse
impiegate. Si tratterebbe inoltre di un approccio sistemico che
oltre a utilizzare meglio il personale, consentirebbe anche - in raccordo con il
mondo universitario - di autoprodurre sussidi (basati
essenzialmente su nuove tecnologie) e metodiche, alimentando un
circolo virtuoso le cui peculiarità stimolerebbero gli alunni "eccellenti" a
partecipare e a dare prova delle loro capacità.
*« "Eccellenti"
ed "eccellenze" - spiega Giovanni Mordente - sono termini usati alcune
volte in questo testo, a fianco degli alunni con disabilità, proprio per
sottolineare il comune destino di queste "minoranze" che non trovano nella
scuola risposte adeguate alle proprie necessità». «Li accomuna - continua -
l'impossibilità di accedere a sussidi, metodiche e strutture che consentano il
pieno dispiegarsi delle loro potenzialità. Infatti la scuola attuale è
strutturata per un ipotetico "alunno medio" e ciò, ovviamente,
significa che gli "eccellenti" sono costretti a "volare basso" e i disabili a
non utilizzare le proprie capacità. Una scuola ben attrezzata,
invece, dovrebbe dare risposte agli uni e agli altri, ben sapendo che di queste
risposte beneficerebbero anche tutti gli altri alunni».
**Presidente del
CIRIS (Centro di Iniziative e Ricerche Insegnanti
Specializzati)
ciris_salerno@libero.it.
13 ottobre 2010