Fonte www.superabile.it - Sono oltre 15 milioni gli uomini e le donne tra i 15 e i 64 anni impegnati regolarmente nel lavoro di cura per bambini e anziani: più di una persona su tre. Un fenomeno in crescita, attestato dall'aumento nell'utilizzo dei congedi retribuiti e dei permessi lavorativi per assistenza a persone con gravi disabilità. Solo riferendosi agli assicurati Inps, la spesa per congedi è passata dai 136 milioni del 2009 ai 344 del 2011. Quella per i permessi, parallelamente, è passata da 487 a 648 milioni.

È quanto emerge dai dati presentati a Roma dal Coordinamento "Cresce il welfare, cresce l'Italia", che scattando una fotografia del welfare italiano ne mette in luce le criticità, denunciando una mancata politica nazionale. Sono soprattutto le donne (8,4 milioni) a farsi cura del carico assistenziale, soprattutto nella fascia d'età tra i 35 e i 44 anni, con effetti negativi sulla partecipazione al mercato del lavoro. Secondo l'Istat sono 240 mila le donne occupate che optano per il part-time per carenza di servizi all'infanzia. Altre 489 mila sono le disoccupate che non trovano un impiego per mancanza di conciliazione. Un altro milione lavorerebbe se potesse bilanciare meglio il tempo dedicato alla cura dei familiari.

D'altra parte, i dati confermano che l'aiuto familiare è quello su cui le persone con limitazioni funzionali contano più spesso: il 55% riceve aiuti solo da familiari, mentre è marginale la quota di chi fruisce di aiuti da parte di personale a pagamento (7,8 per cento). Per il lavoro di cura privato la spesa delle famiglie, nel 2009, è stata di 9,8 miliardi, contro i 7,1 miliardi di euro dell'intera spesa sociale dei Comuni singoli e associati registrata nello stesso anno.

All'insufficienza dei questi servizi e alla scarsa disponibilità economica delle famiglie si deve l'emergere delle assistenti familiari: la lieve ripresa dell'occupazione femminile nel 2012 va in gran parte ricondotta alla crescita delle occupate straniere (+76 mila, +7,9 per cento), impiegate dalle famiglie, senza contare il sommerso.

A testimonianza dei limiti del sistema italiano gli estensori del rapportano citano l'esempio dell'indennità di accompagnamento, destinata nel 2011 a 1,8 milioni di beneficiari, con un costo di 12,9 miliardi, cui vanno sommati altri tre miliardi stanziati dai comuni per l'assistenza. "Questo istituto riproduce un modello di intervento fondato su trasferimenti alle famiglie senza alcuna forma di controllo sull'uso delle risorse - si legge nel rapporto -, né meccanismi di incentivazione fiscale per il riconoscimento del lavoro di cura informale o l'emersione dei lavoratori al domicilio".

L'accusa è della mancanza di una "politica nazionale di integrazione con il settore socio-assistenziale e con i processi di riorganizzazione che interessano le reti della sanità territoriale". A complicare le cose c'è la disomogeneità del paese, con un gruppo di regioni del Nord e del Centro-Nord "che pur sperimentando modelli di intervento diversi si muove sull'onda di processi di modernizzazione" e le regioni meridionali "incagliate in equilibri più conservativi, strette tra basse dotazioni di fondi propri, carenze strutturali di servizi e una domanda sociale condizionata soprattutto dai problemi della mancanza di lavoro e dall'assistenza alle fasce di popolazione più a rischio povertà".

9 luglio 2013