campanaIntervista a Roberto Medeghini*

Fonte www.superando.it - Accanto alla prima rivista italiana sui Disability Studies, ora è nato anche il primo libro. È infatti di queste settimane, uscito all'inizio di marzo 2013 per la casa editrice Erickson, il manuale intitolato Disability Studies. Emancipazione, inclusione scolastica e sociale, cittadinanza, il primo dell'omonima collana dedicata ai temi suggeriti dal sottotitolo.

Si tratta del primo volume italiano dedicato a questa disciplina, che a livello internazionale gode già di una forte vitalità. Tra gli autori anche Simona D'Alessio e con lei Angelo Marra, Giuseppe Vadalà, Enrico Valtellina e Roberto Medeghini. Abbiamo intervistato quest'ultimo, responsabile dell'intera collana oggi al suo debutto, per presentare ai lettori la nuova pubblicazione.

Partiamo dunque con una definizione di Disability Studies.

«Sono un'area di studio interdisciplinare, che comprende sociologia, pedagogia e anche gli aspetti sanitari dei servizi. In comune tutte queste discipline hanno l'approccio critico al modello medico, individuale, fondato sui concetti di deficit e abilismo, e al linguaggio che ne consegue. Si analizzano le pratiche sociali e istituzionali che causano l'esclusione e la disabilitazione e si propone la prospettiva inclusiva nella sua relazione con i diritti. Va anche detto che ci sono almeno nove versioni di riferimento a livello internazionale: di conseguenza non abbiamo a che fare con un'area omogenea».

Come si è formato il gruppo di lavoro che ha redatto il testo?

L'interesse sui Disability Studies non nasce come gruppo, ma come ricerca di singole persone. Simona D'Alessio e Vincenzo Marra si sono formati frequentando un dottorato in Inghilterra con Len Barton e Colin Barnes che sono esponenti del modello sociale. Quanto a me, sono stato docente di pedagogia speciale all'Università di Bergamo e dal 2000 al 2011, insieme a Enrico Valtellina e Giuseppe Vadalà, ci siamo interessati ai Disability Studies e li abbiamo approcciati a partire dal concetto di integrazione scolastica, con l'obiettivo di proporne una diversa lettura. Questo perché era evidente che il concetto di integrazione scolastica stava avendo le prime difficoltà, che si sono accentuate soprattutto per l'incrementarsi della delega educativa e di apprendimento all'insegnante di sostegno da parte dei docenti curricolari: da qui la nostra critica a un modello integrativo che utilizza l'insegnante di sostegno come un elemento di "immunizzazione" e difesa dal cambiamento dell'organizzazione e della didattica».

Può spiegare meglio questo concetto?

«Nella riflessione integrativa il concetto di risorsa è molto in evidenza: l'insegnante di sostegno ne è un esempio, così come gli educatori. Il problema è che le risorse non sono utilizzate per il cambiamento dell'organizzazione, della didattica e del modo di fare scuola o di essere educatore. Le risorse vengono prevalentemente utilizzate per adattare gli alunni e studenti con disabilità alla scuola, permettendo così ad essa di rimanere sempre uguale a se stessa, nonostante i tentativi di molti insegnanti di sostegno. Per assurdo, l'insegnante di sostegno da elemento iniziale di cambiamento, si è trasformato in uno "strumento di difesa" dell'organizzazione scolastica. Questo approccio integrativo non comporta la necessità di intervenire sul sistema base della scuola, e invece è modificandolo che si produce una realtà scolastica per tutti».

*Roberto Medeghini è coautore di "Disability Studies. Emancipazione, inclusione scolastica e sociale, cittadinanza" (Erickson, 2013) ed è responsabile della collana "Disability Studies", sempre per la casa editrice Erickson.

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11 aprile 2013