mano rossaCondanna della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo

Fonte www.affaritaliani.libero.it - Nicola Cara Damiani, 65 anni, originario di Bari, ha scontato più di 20 anni in prigione e 4 di detenzione domiciliare a Fontanellato (Pr). Nicola Cara Damiani è una persona con disabilità costretto sulla sedia a ruote. Il suo caso è arrivato alla Corte europea dei diritti dell'uomo che, lo scorso 7 febbraio, ha condannato l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo (divieto di trattamenti inumani o degradanti) a risarcirlo con 10 mila euro per il trattamento inumano a cui è stato sottoposto (oltre a 3.000 euro per le spese): detenzione nonostante la sua condizione di disabilità e impossibilità di ricevere le cure adeguate all'interno del carcere.

"Si tratta di una sentenza molto importante – commenta Desi Bruno, garante regionale per i diritti dei detenuti – Il problema è che spesso queste sentenze hanno un grande impatto politico, ma sul piano pratico non cambiano la situazione". Bruno, che ha in programma a partire dai primi di marzo una serie di visite nelle strutture penitenziarie della regione (a partire da quella di Parma), assicura però che lei per prima utilizzerà questa sentenza. "Quello che voglio capire – spiega – è quali sono i problemi reali che impediscono che persone con difficoltà di movimento si trovino senza assistenza".

Il caso. Nicola Cara Damiani è entrato in carcere nel 1992. Nel 2003, Cara Damiani, che soffre di una paralisi della parte inferiore del corpo con parziale perdita di forza muscolare nelle gambe che lo costringe sulla sedia a ruote fin dal 1997, viene trasferito nel carcere di Parma dotato di un'unità per detenuti con disabilità. Ma – come si legge nella sentenza della Corte di Strasburgo – anziché finire in questa unità, viene messo in una sezione comune dove non ha accesso ai bagni, non può fare fisioterapia e non ha possibilità di movimento. La sezione per persone con disabilità – non funzionante per mancanza di fondi – sarà inaugurata solo nel 2005 e Cara Damiani vi sarà trasferito nel dicembre di quell'anno. A quel punto però chiede di poter andare in un ospedale o una clinica che gli dia l'assistenza di cui ha bisogno. Trasferimento che avverrà solo nel 2008 e fino al settembre 2010 quando Cara Damiani ritorna in carcere e ci rimane fino al 23 novembre 2010.

Per lui si sono mobilitati amici, conoscenti e sono nati gruppi su Internet. Il suo caso è poi arrivato alla Corte di Strasburgo che, dopo aver condannato l'Italia, ha ribadito che tutti gli Stati devono garantire a tutti i carcerati una detenzione in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana e della salute.

Il caso di Cara Damiani, purtroppo, non è isolato. "Ricevo molte segnalazioni di detenuti che non hanno assistenza adeguata e che, senza l'aiuto degli altri detenuti, non potrebbero fare anche le cose più elementari della vita quotidiana – conclude Bruno – Ecco perché userò questa sentenza per capire cosa si può fare per cambiare le cose".

In relazione a questo caso, desideriamo ricordare che la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità (ratificata dall'Italia con L. 18/09) dedica al tema l'Art. 15 "Diritto di non essere sottoposto a tortura, a pene o a trattamenti crudeli, inumani e degradanti". Rimandando al nostro "manuale facilitato" sulla Convenzione per un approndimento , riteniamo importante sottolineare qui che per tortura non ci si limita agli atti compiuti volontariamente per provocare dolore fisico o lesioni, anche dello spirito, ma anche a tutti quelli che offendono gravemente la dignità umana e che si aggiunge la connotazione di "degradante" qualora si miri ad umiliare l'individuo ed a provocarne la riduzione della resistenza fisica o mentale. I carceri ed i luoghi di detenzione (ma anche di "istituzionalizzazione" in generale) sono purtroppo terreni particolarmente fertili per la violazione dei diritti umani delle persone con disabilità.
Tuttavia, le autorità pubbliche - comprese quelle italiane - hanno l'obbligo di vigilare e mettere in campo eventuali tutti i sostegni e le iniziative necessarie (compresi gli accomodamenti ragionevoli) al fine di garantire sempre il rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone con disabilità, anche e soprattutto in situazioni di particolare complessità (come nel caso della detenzione in carcere): questo è un dovere a cui non ci si può sottrarre, pena la classificazione di qualsiasi atto come tortura.

10 febbraio 2012