Fonte VITA | articolo a firma del Presidente Nazionale Anffas, Roberto Speziale - All’inizio del nuovo anno scolastico 2023/2024, molti sono i dubbi e le preoccupazioni che interessano le famiglie e le organizzazioni di persone con disabilità, come Anffas, rispetto alla frequenza e all’effettivo coinvolgimento di studenti e studentesse con disabilità nel contesto scolastico, tanto più ora che sembrerebbe essere tornato in auge il dibattito sulla cosiddetta “cattedra mista”.

Del tema, creando non poca confusione, si è parlato molto: mediante l’istituzione della “cattedra mista” si intende dare la possibilità al docente di ruolo di dedicare alcune ore al sostegno ed altre alla propria disciplina, così come agli insegnanti di sostegno che, a loro volta, possono svolgere alcune ore nel posto comune e disciplinare.

Ma è davvero questa la soluzione per promuovere e garantire la piena inclusione agli alunni e alle alunne con disabilità? Dal punto di vista di Anffas, questa prospettiva non è praticabile né tantomeno auspicabile.

L’inclusione? Riguarda tutti

Da anni ormai la scuola italiana è chiamata a cogliere un’epocale sfida al cambiamento, in cui tutti i soggetti (insegnanti di sostegno, corpo docente, famiglia, etc.) hanno il dovere di garantire ad ogni bambino, alunno e studente con disabilità il diritto allo studio, in condizione di pari opportunità con gli altri. Si tratta, dunque, di un sistema scolastico inclusivo, di forte innovazione non solo relativamente agli strumenti ma, soprattutto, per quanto riguarda l’approccio. Ed è proprio attraverso un approccio inclusivo – così come peraltro delineato dalla complessiva riforma, ancorché purtroppo incompleta – che l’obiettivo di rendere pienamente inclusivo il contesto scolastico viene demandato all’intera comunità educante con la corresponsabilizzazione di tutti i soggetti che, a vario titolo, interagiscono con il bambino, l’alunno, lo studente con disabilità.

In tale ottica, il ruolo dell’insegnante specializzato sul sostegno assume un nuovo e diverso protagonismo e dignità: non più o non solo il soggetto a cui delegare il compito di seguire l’alunno con disabilità ma il contitolare della classe che, in sinergia con gli insegnanti curriculari, si pone come ponte fra i diversi soggetti per rendere effettivamente compiuto il diritto alla piena inclusione scolastica.

In tal senso, occorre ricordare che i docenti di sostegno sono già, a tutti gli effetti, insegnanti co-titolari della classe. Tale qualità è sancita dall’art. 13, comma 6, della l.n. 104/92, il quale afferma che «gli insegnanti di sostegno assumono la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui operano, partecipano alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti».

Partendo da tale assunto, la proposta di attuare una “cattedra mista” rappresenterebbe un elemento controverso e, peraltro, nemmeno poi così innovativo. Anzi, aggiunto ai numerosi ritardi e problematicità del sistema scolastico e della “mancata” attuazione della riforma, potrebbe addirittura compromettere quanto di buono è stato già posto in atto.

In linea con il posizionamento di Fish, federazione cui Anffas aderisce, Anffas Nazionale ritiene che, piuttosto che spingere su nuovi ed improbabili fronti, occorrerebbe innanzitutto continuare a spingere il ministero dell’Istruzione e del Merito, anche in seno all’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica, ad adoperarsi per strutturare ed avviare un percorso forte e significativo di formazione e valorizzazione di tutti i docenti (sostegno e curricolari), assistenti all’autonomia e alla comunicazione, personale Ata, dirigenti scolastici, parimenti garantendo che i vari soggetti a ciò preposti possiedano le necessarie conoscenze e competenze per redigere il Pei nel rispetto delle nuove previsioni normative e relative Linee guida, unitamente alla garanzia della continuità didattica e della presenza di tutti i restanti supporti necessari per conseguire una compita inclusione scolastica (trasporto, ausili, assistenza igienica personale, etc.).

Insegnanti di sostegno: tutti siano specializzati

Non secondaria anche la necessità che tutti gli insegnanti specializzati sul sostegno, nessuno escluso, siano in possesso delle necessarie conoscenze e competenze per poter svolgere la propria funzione, specie per quanto attiene alle disabilità a più alta complessità. Si pensi che allo stato si stima che oltre il 40% degli insegnanti che fanno sostegno non sono in possesso dei necessari titoli di specializzazione, ma si tenga conto anche del fatto che gli attuali percorsi formativi e di studio non sempre garantiscono a tali figure di acquisire quelle conoscenze utili a poter supportare adeguatamente, nel proprio percorso di studi, gli alunni e studenti con disabilità.

Si deve, quindi, assolutamente evitare che il “tema” delle “cattedre miste” prevalga e venga preso in considerazione prima di risolvere i problemi più cogenti dell’attuale sistema scolastico, per i quali vi sono già da tempo delle soluzioni ben precise, quali la formazione e la conseguente continuità didattica, che in ogni caso non potranno che giovare all’ipotetico sistema di “cattedre miste”, semmai si istituirà, preparando il terreno ed evitando un peggioramento del servizio scolastico a discapito, prima di tutti, degli/delle alunni/e con disabilità.

Tuttavia, qualora dovesse essere mai presa in considerazione l’istituzione della cd “cattedra mista”, tale sistema dovrebbe essere preceduto da uno studio approfondito volto a documentare tutti gli sviluppi e le problematiche che potrebbero determinarsi, individuando a priori le possibili soluzioni, nonché un congruo periodo di sperimentazione per verificarne, nella pratica, le effettive ricadute.

Perché è vero che in Italia vi sono delle esperienze positive di “cattedre miste”, ma esse non possono di certo essere sufficienti a basare una riforma di livello nazione che abbia una simile portata. Tra l’altro, tale compito risulta ancora più arduo se si considera la non piena attuazione del sistema di valutazione della qualità dell’inclusione scolastica previsto dall’art. 4 del d.lgs. 66/2017, il quale prevede che l’Invalsi, sentito l’Osservatorio per l’inclusione scolastica, deve definire in fase di predisposizione dei protocolli di valutazione e dei quadri di riferimento dei rapporti di autovalutazione delle istituzioni scolastiche, gli indicatori per la valutazione della qualità dell’inclusione scolastica, indicandone i relativi criteri, che si auspica possa essere, anch’esso, portato al più presto a pieno regime.

Occorre, a tal fine, che tutti si prenda consapevolezza della necessità di favorire un progressivo miglioramento dell’intero sistema, facendo sì che le norme, in parte rimaste oggi solo sulla carta o in una fase di eterna transizione, si traducano in azioni concrete all’interno di un percorso di corresponsabilità tra i diversi soggetti che, a vario titolo, interagiscono con ogni bambina/o, alunna/o, studentessa/e con disabilità e dove il ruolo centrale del docente specializzato sul sostegno sia valorizzato e qualificato.