Anffas Nazionale è lieta di comunicare la pubblicazione online della rivista "ConTatto" realizzata dall'associazione di Anffas Padova che per l'edizione di giugno 2021 è stata dedicata alla celebrazione dei 20 anni di attività (2001-2021) dello Sportello per l'Inclusione Scolastica di Anffas.

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Di seguito due degli articoli pubblicati all'interno del notiziario "Contatto":

Nel ventennale dello Sportello Scuola - di Roberto Ricciardi

Per il ventennale dello Sportello Scuola è tempo di riflessione e di bilancio sul percorso compiuto. È passato tanto tempo da quando esso chiedeva asilo per essere ospitato, un luogo per incontrarsi, dove lavorare.
L’istituzione nel 2001 dello Sportello Scuola ha coperto un deficit presente in Anffas Nazionale: l’apertura di un discorso per scolari con disabilità con familiari e scuole. Un’idea per allora rivoluzionaria. Un dettato presente nella Costituzione italiana ma disatteso. Un’attivazione effettiva ma non teorica volta a dare garanzie agli scolari “dimenticati”. Tra l’altro con la non tanto segreta illusione in poter questa idea con l’arma del volontariato.
E di quali elementi fu formato il gruppo di lavoro: tre psicopedagogisti che avevano già lavorato nella scuola da insegnanti e come supporto agli insegnanti di sostegno e ai ragazzi con disabilità.
Il passaggio dalla fase “romantica” al successivo consolidamento segna una data importante per ANFFAS e per chi dalla fondazione dello Sportello Scuola ha il compito di tutelare e proiettare quella istituzione.
L’azione dello Sportello dimostra che la forza e la tenacia dell’azione, la prolificità e la diversificazione degli interventi possono dare una risposta. Con la volontà del proseguimento di imprese e sempre alle prese con scarsità di fondi e continuamente “a fare di necessità virtù” si sono raggiunti buoni risultati. Con orgoglio si può, dunque, dire che si è riusciti ad avvicinare giovani ed agenzie informative esterne, partecipare a dare dignità agli studi sulla diversità alla sua inclusione sociale.
Lo Sportello Scuola ha contribuito a questo cambiamento, che dovrà radicarsi e affermarsi gradualmente, non in modo traumatico, perché possa essere assimilato, sia nella scuola che nella società.
“Questo” fatelo passare “patrimonio” ha rischiato e rischia di sciuparsi. Un po’ per consunzione interna, c’è bisogno di nuove e giovani forze e anche per una certa impermeabilità al vento del futuro.
La sfida che lo Sportello affrontava aveva come substrato un vero, saldo, coeso gruppo ma l’obiettivo era l’integrazione delle persone con disabilità e realizzarlo costituiva passaggio condizionante la su stessa vita. Fondamentale appariva l’educazione e la formazione nelle scuole di una coscienza del problema degli alunni con disabilità. 
Si dovevano irrobustire, approfondire e alimentare con nuova linfa le radici della cultura della diversità. Bisognava e bisogna spostare l’asse dello sviluppo della riflessione pedagogica dai tempi e dai modi dell’apprendimento verso un nuovo modo di trasmettere conoscenze e informazioni, oltre a riconoscere nuove forme di relazioni. Insomma doveva e deve ancora evitarsi che lo strumento tecnologico prevalga sui valori umani, che l’informazione prevalga sulle coscienze e sulla formazione. Lo strumento tecnico deve essere ridimensionato riconfermando il principio dell’intelligenza e della coscienza.
Per questo lo Sportello Scuola ha interagito con la scuola, con le famiglie, ha offerto corsi di formazione generale agli operatori delle scuole e non, desiderosi di ampliare, aggiornare, rimeditare il loro orizzonte, creando sinergie con realtà scolastiche, sociali, produttive.
Pare evidente che l’arma migliore per raggiungere l’obiettivo sopra dichiarato rimanga il linguaggio. Trascuro il fatto, e non sembri né retorico né arrogante, che linguaggio e filosofia si identificano a questo punto. Il linguaggio deve essere tradotto in segni e immediatamente capibile da tutti. Un pensiero no alfabetizzato risulterà grossolano e rozzo quindi incapace di trasmettere la complessità delle cose, dei fenomeni. Si è contribuito e si contribuisce ad adottare un nuovo linguaggio semplificato.
occa ammettere che a volte il funzionamento dello Stato, la sua storia, le sue forme e i metodi tra loro diversi, e spesso concorrenti, generano confusione per lo scontro di egemonie ma anche elefantismo e ritardo negli interventi.

In fondo i temi che si sono affrontati sono semplici da elencare:
1. Definizione e specificità della diversità.
2. Rapporto tra diversità e ambiente.
3. Rapporto tra diversità ed economia.
4. Rapporto tra diversità ed allargamenti della sensibilità e competenze culturali.
5. Preparazione di un mondo che dia felicità a tutti.

Le istanze da superare che risaltano sono:
• Burocratizzazione del Ministero della P.I. e della Salute.
• Scarsa coscienza della consanguineità fra Ministero della P.I., Salute ed Economia.
• Scarsa formazione degli operatori.
• Distacco dello Stato dall’Università con cui lo Sportello, tra l’altro, ha collaborato più volte.

Una suggestione da esporre ci pare possa essere: sui diritti dei soggetti, che non possono farli valere direttamente, c’è un tentativo da parte degli altri di imporre soluzioni autoritarie. I diritti dei soggetti deboli vanno meglio tutelati se si applica un’etica del consenso in cui si deve tener conto dei contesti ambientali e familiari.
Il rischio che stiamo correndo, in questo momento, è di assumere atteggiamenti teorici che ci porterebbero in campi a noi poco pertinenti. Certo una “poetica” c’è stata e c’è nel nostro lavoro e nel rapporto con gli altri. Questo filo conduttore, ormai ventennale, piuttosto che invecchiare è venuto crescendo, rinsaldandosi perché le nostre scelte cominciano a circolare sempre in più ambienti. Nella celebrazione del ventennale manifestiamo qualche imbarazzo ma con una convinzione: abbiamo partecipato a spargere nella società semi di umanità con i nostri incontri con istituzioni pubbliche, università, studenti. Qualche volta abbiamo cercato platee più vaste per lasciare il nostro messaggio di una nuova umanità. L’attenzione del gruppo si è concentrata sempre più sulla difesa e sul rispetto degli altri. Rispettare la diversità degli uomini e negli uomini risulta sempre l’imperativo categorico. ll rispetto per gli altri è in realtà il rispetto di se stessi.
Quando si compiono 20 anni non ci si può sottrarre alla tentazione di riflettere sul proprio passato. Il presente è sfuggente, il futuro, regno dell’immaginazione, si riduce giornalmente fino a scomparire. L’emergenza politica e sociale induce a far pensare che lo Sportello abbia bisogno di sempre maggior qualificazione di noi operatori, di un ammodernamento dell’apparato organizzativo, di un impegno più sensibile per riuscire ad interpretare l’ambito di cambiamento che l’emergenza ha portato. Ci vuole quindi grande coesione nel lavoro comune, grande entusiasmo.
 Guardando la storia dello Sportello si trova un filo conduttore che è consistito in un lavoro di pedagogia dell’inclusione. Educare a riconoscere e proteggere i diritti di ogni persona a far parte di uno Stato dal volto umano dove la libertà, la tolleranza e l’unità degli uomini vincano contro la divisione tra gli eletti egli emarginati.
L’incontro con una società più includente avviene probabilmente lungo la linea della ricerca filosofica sull’utopia, sulla sua storia, sul suo senso. Utopia come: “il processo storico di eccellenza e su questo processo si innesta il progetto della società di giustizia inteso come corretto rapporto tra gli uomini nella società e nella città”.
Solo in questo modo si comprende che i fattori costitutivi della persona sono: libertà, uguaglianza e solidarietà. Tutti operanti sul livello storico dei bisogni e della cultura, la necessaria corresponsione di ciascuno, l’impegno operoso di tutti. Questo è il senso della storia che opera principalmente sul fondamento della speranza.
Vent’anni di Sportello Scuola Anffas - di Ottaviano Lorenzoni

Vent’anni sono molti se considerati in rapporto alla vita di una persona  ma sono pochi per poter vedere e vivere cambiamenti culturali, capaci di smontare i pregiudizi che da sempre ci sono stati nei confronti di persone portatrici di una qualche diversità, sia essa la disabilità o altro.
Lo Sportello Scuola di Anffas Padova compie vent’anni. È stato istituito nel 2001 da un gruppo di insegnanti, pedagogisti e operatori scolastici “impegnati nel contribuire a definire la cornice valoriale e operativa entro cui sviluppare percorsi orientati a rimuovere le barriere fisiche, culturali e sociali che impediscono la piena partecipazione delle persone con disabilità a tutti gli aspetti della vita…”
Da subito lo Sportello si è posto come uno spazio di ascolto delle famiglie con figli con disabilità che si affacciavano alla scuola o che all’interno della scuola incontravano difficoltà. Per tali genitori l’ingresso nella scuola dei loro figli poteva essere, e spesso è stato, un ulteriore problema, aggravando così il carico di lavoro materiale ed emotivo che diventa ancor più difficile da sostenere quando ci si sente soli. Lo Sportello Anffas ha scelto di porsi come un luogo in cui i genitori potessero raccontarsi, sentirsi ascoltati, riconosciuti e accompagnati.
Anni di lavoro hanno messo gli operatori dello Sportello a contatto con la realtà dei vissuti dei famigliari di alunni con disabilità, di insegnanti in difficoltà nella relazione con gli alunni e nella collaborazione fra scuola e famiglia.  La conoscenza diretta degli elementi di complessità connessi ai processi dell’inclusione, ha permesso allo Sportello di compiere riflessioni generali, da cui è conseguita la elaborazione di progetti specifici volti a stimolare una cultura dell’inclusione capace di mettere in atto una spinta innovativa, per affrontare le nuove sfide che una società in continua evoluzione propone ed impone.
La capacità di innovare richiede: sensibilità, intesa come disponibilità al rapporto empatico e alla capacità di identificazione; osservazione partecipata delle relazioni presenti tra le persone e di esse con il contesto; ricerca di soluzioni nuove con la volontà di sperimentare e di rischiare.
L’innovazione è il sogno di qualcosa di migliore che si traduce in benessere generale, in gioia di vivere. L’innovatore è colui che riesce a sognare qualcosa di diverso, di migliore oltre il presente. È colui che ha idee nuove nate, non da un sogno solipsistico (individualistico), ma da una concreta partecipazione alla vita nel contesto presente.
Le buone idee non servono a niente se non danno vita ad azioni. Inoltre va considerato che l’innovazione non rimane confinata nello specifico dell’ambito in cui viene perseguita ed attivata, ma ha effetti che si diffondono in altri settori, quasi in modo universale.
Lo Sportello Anffas ha sempre lavorato in gruppo, una condizione che permette un continuo confronto e una discussione capace di mantenere la tensione innovativa. Una tensione che non può essere un compito ed un impegno individuale.   
La ricorrenza del ventennale dello Sportello Scuola avviene in un momento in cui sembra che tutto sia congelato, immobilizzato da un nemico della salute mondiale che ha annebbiato la capacità di affrontare il presente, vedere il futuro e di coltivare la speranza in ogni settore della vita: culturale, sociale, economica e politica.
La scuola ha pagato e sta pagando pesantemente le conseguenze di una situazione che confonde e sembra rendere impossibile riconoscere il proprio compito e assolverlo: “curare la formazione della nuova generazione”.
L’impossibilità di permettere agli alunni di accedere alle aule, costringendoli ad una didattica a distanza, riduce la potenzialità formativa della scuola ad una strategia di trasmissione di conoscenze. Le classi sono il gruppo in cui si svolge la vita reale degli alunni, il luogo in cui si sperimentano le dinamiche interpersonali, si stabiliscono le amicizie, le relazioni affettive, le rivalità competitive: tutto ciò che è vita. Le relazioni tra insegnanti e alunni e tra gli alunni sono ridotte ad una simulazione. L’affettività, che è un vissuto fondamentale nella formazione di ogni persona, in questo momento è esiliata dalla vita della scuola.
Sono gli alunni con disabilità a risentire più pesantemente delle conseguenze di una situazione confusa ed instabile che quasi quotidianamente è travolta da indicazioni di cambiamenti che hanno solo la scopo di cercare di arginare, per quanto possibile, la diffusione della pandemia. In questa situazione di continua incertezza di ordini e contrordini la scuola vive in un tempo sospeso in cui le viene imposto un atteggiamento passivo e difensivo.
Sembra di essere tornati indietro nel tempo, quando ancora la vita delle persone con disabilità era una “vita separata” e ancora oggi, forse involontariamente, sono riattivati vissuti di esclusione. Gli alunni con disabilità e le loro famiglie subiscono questa situazione nuova e vecchia nello stesso tempo, che impone una condizione di isolamento e solitudine e anche di esclusione che sembrava in gran parte superata o almeno attivamente controllata.
In questa confusione generale, in cui il nuovo non si vede ed il vecchio è dimenticato, gli insegnanti e gli operatori che seguono le persone con disabilità, corrono il rischio di perdere di vista lo scopo fondamentale del proprio impegno, compromettendo i progressi compiuti fino ad ora. Una situazione attuale è paragonabile ad uno “tsunami” che lascia dietro di sé solo distruzione, disorientamento e l’angoscia di essere immobilizzati.
Allora… ricordare il ventennale dello Sportello per l’inclusione Scolastica di Anffas non vuole essere una celebrazione autoreferenziale, ma un’occasione di ripensare alla sua storia e alle attività organizzate, che hanno mirato a mantenere viva la spinta verso un sempre più completo e condiviso processo di inclusione. I ricordi ci sembrano, in questo momento, uno “strumento” per contribuire a mantenere l’entusiasmo, la spinta innovativa, la speranza e una visione positiva del futuro.
Il primo convegno organizzato nel 2001 da un gruppo di pionieri ha fatto nascere l’idea dello Sportello e ha posto il tema dell’inclusione scolastica come uno dei tanti compiti di Anffas. Il titolo “Integrarsi per integrare” ha voluto evidenziare, fin da subito, la coscienza della complessità del processo di cui ci si voleva occupare. Per realizzare una vera inclusione, nella scuola e in tutte le istituzioni che sono coinvolte, occorre una profonda innovazione delle idee, dei principi e delle strategie attuative.
In vent’anni lo Sportello ha realizzato numerose iniziative. Non ha senso farne qui un elenco che avrebbe il sentore di quella auto-celebrazione che non vogliamo, che non è opportuna e tantomeno utile. 
Vogliamo solo ricordare alcune delle iniziative che hanno perseguito obiettivi generali e specifici, che di volta in volta, sono stati messi inevidenza nel dibattito interno del gruppoe che spesso si connotavano con le caratteristiche dell’urgenza e della necessità. Tuttavia lo Sportello non si è mai sottratto all’impegno di collaborare con le varie istituzioni nel ricercare ed attuare soluzioni.
Molto spazio è stato dato all’ascolto e al sostegno di genitori che chiedevano aiuto nella gestione di situazioni difficili o conflittuali all’interno delle singole scuole o nel rapporto tra le scuole e le differenti Istituzioni. Non sempre è stato possibile risolvere i problemi sollevati, tuttavia sempre si è dato un sostegno alla fatica dei genitori con un ascolto partecipato, fornendo indicazioni e un accompagnamento competente negli incontri con gli operatori di altre Istituzioni.
A tale scopo è stato curato un agile manualetto che, con linguaggio semplice e con simpatiche illustrazioni, ha aiutato i genitori, e talvolta anche insegnanti, a percorrere le complicate e non sempre chiare strade burocratiche.
Inoltre, sempre sono stati coinvolti i genitori in una partecipazione attiva nella stesura dei piani educativi individualizzati e nella gestione del progetto di vita dei figli.
Ricordiamo qui solo alcune delle numerose iniziative che sono nate da principi e finalità messe a punto dal lavoro di équipe dello Sportello.
Particolarmente interessante è stata l’attuazione del progetto: Mi riguarda, approvato e sostenuto dal Comune di Padova, che ha attivato laboratori all’interno delle classi della scuola primaria e secondaria di primo grado. L’obiettivo era di stimolare la capacità di lavorare in gruppo senza escludere nessuno, riprendendo e valorizzando tutti gli apporti, senza nessuna valutazione. Si è avuto l’attenzione di lavorare in classi con o senza la presenza di alunni con disabilità.
Questa esperienza si è basata sulla convinzione che l’inclusione non può essere pensata come un processo che si realizza attraverso uno che include un altro che è escluso. In questo modo non si supera la separazione e la inevitabile discriminazione tra gli uni e gli altri, tra con e senza disabilità. Il processo di inclusione deve fondarsi sul principio dell’appartenenza.
Appartenenza ed inclusione riguardano tutti, perché il mondo è di tutti e tutti vogliono stare bene nell’incontro. Incontrarsi in contesti condivisi può sviluppare quella capacità di mettersi in relazione e di favorire la reciproca accettazione che non richiede strumenti, luoghi, professionalità “speciali”. Il pensiero della specialità è sempre discriminatorio.
Interessante e produttiva è stata la collaborazione con l’Università di Padova Dipartimento FISPPA con il gruppo di studio autorizzato dal MIUR sull’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute) che ha aiutato a cambiare profondamente l’opinione sulla persona con disabilità e sull’idea stessa di disabilità.
Per lungo tempo la persona con disabilità è stata pensata e guardata a partire dalle sue carenze che la rendono sempre inadeguata e questo fagocita tutta la persona in ogni momento e in ogni luogo della sua vita. La bambina down, il piccolo autistico…come quando in un ricovero ospedaliero si diventa il numero del letto.
La persona va vista sempre in un contesto di relazioni differenti che richiedono la partecipazione attiva di tutti. Così non è più opportuno evidenziare o considerare la disabilità come la caratteristica saliente, ma va considerato il funzionamento della persona nei vari contesti di vita: come si relaziona, agisce e mette in atto cambiamenti adeguati al contesto.
Per troppo tempo alle persone con disabilità è stato negato l’incontro. Non hanno potuto condividere luoghi, occasioni ed esperienze comuni. Sono proprio gli incontri in contesti condivisi che sviluppano il senso dell’appartenenza che non richiede strumenti, luoghi, professionalità speciali ma solo una consuetudine di vita. D’altra parte ognuno di noi nella sua vita è in una situazione di sperimentazione, di prova, di scoperta. Accettare è dare valore alla sperimentazione che recupera la dignità della diversità.
Ci sembra utile ricordare un’ultima esperienza: la costituzione di una rete nazionale di “Referenti Scuola” aderenti ad Anffas.
Questi operatori hanno avuto il compito di “vigilare ”sulla effettiva applicazione della normativa sulla integrazione delle persone con disabilità. (Come dire “Fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio”).
 Ogni due anni è stato organizzato un incontro con i Referenti in cui si confrontavano le singole situazioni locali permettendo una visione generale dell’andamento nazionale dell’inclusione. Si discutevano i problemi rilevati e si proponevano iniziative e, all’occorrenza, segnalazioni al Miur. Utile è stata la ricerca sull’istituzione presso ogni scuola dei Gruppi per l’inclusione, che avevano il compito di organizzare concretamente, sotto ogni aspetto, logistico, didattico, educativo, la presenza attiva degli alunni con disabilità nelle singole classi. Una ricerca incompleta ma che ha messo in evidenza che gran parte delle scuole ha avuto grosse difficoltà ad istituire tali gruppi e che, troppo spesso, si sono rivelati strutture formali, totalmente inattive.
L’ultimo convegno organizzato portava il titolo “Fare inclusione ci riguarda”. Come dire: dalle parole ai fatti. Per tale motivo l’incontro ha previsto l’organizzazione di differenti laboratori condotti da persone con disabilità. Il Fare dunque ha riguardato tutti senza l’esclusione delle persone con disabilità” che, da sempre, son stati destinatari di iniziative e mai ne sono stati i gestori. A loro è stato dato il compito di condurre laboratori rivolti a tutti i partecipanti al convegno. In questo caso persone “diverse” si sono incontrate in un compito “uguale” e tutti hanno svolto un ruolo attivo, e in ciò è si è attuata l’uguaglianza.
La storia del rapporto della persona con disabilità con il resto del mondo può essere rappresentata simbolicamente dall’evoluzione della terminologia usata: inserimento, integrazione, inclusione. Sicuramente un processo che ha alla base “l’idea di mettere qualcuno dentro qualcosa o si mette qualcosa dentro qualcuno”.
Quella che non viene superata è l’idea della passivizzazione. La Persona con Disabilità sembra non avere titolo di configurare la situazione in cui vuole stare: scegliere il luogo e le persone con cui vuole vivere.
Tanti anni di lavoro dello Sportello Scuola, tanti incontri, collaborazioni, partecipazioni. Ci illudiamo che tutto ciò abbia un po’ influito sull’innovazione delle idee, dei principi che sono alla base della cultura su cui si articolano le tematiche dell’inclusione che si concretizzano in azioni. Una innovazione che speriamo possa sopravvivere allo stravolgimento dei pensieri e delle speranze che oggi stiamo subendo, in una situazione che sembra quasi una sospensione della vita.

Per vent’anni lo Sportello per l’inclusione scolastica delle persone con disabilità si è avvalso dell’apporto tecnico e scientifico di: Prof.ssa Lilia Manganaro - Fondatrice dello Sportello Scuola e per vent’anni coordinatrice. Prof.ssa Maria Grazia Rubini – già dirigente scolastica e attuale coordinatrice dello Sportello Scuola. Dott. Ottaviano Lorenzoni - psicopedagogista coordinatore del gruppo di lavoro del Provveditorato agli Studi, per l’inclusione scolastica, con esperienza di insegnamento presso il Centro Medico Psicopedagogico. Dott.sa Marina Mancin - psicopedagogista e coordinatrice delle Unità Integrative: una sperimentazione di modalità inclusive di alunni con gravi disabilità e autrice del Vademecum: Guida normativa delle buone prassi per l’integrazione scolastica delle persone con disabilità. Dott.ssa Paola Rallo - psicopedagogista e coordinatrice delle Unità Integrative; una sperimentazione di modalità inclusive di alunni con gravi disabilità. E in fine ma non certamente ultimo, il Prof. Roberto Ricciardi - insegnante con esperienze di inclusione nelle sue classi.