Vita.it - Esattamente, quanti insegnanti di sostegno ancora mancano nelle scuole italiane? Come è andato il concorso, che per la prima volta ha dedicato una classe di concorso al sostegno? Quanti insegnanti hanno fatto richiesta di assegnazione provvisoria sul sostegno, anche non avendo il titolo di specializzazione? Quanti di loro andranno in aula? Numeri dal Ministero non ne escono. Di ufficiale ci sono solo i numeri complessivi per l'anno scolastico in corso: oltre 224.000 studenti con disabilità e 124.572 posti di sostegno, di cui 96.480 in organico stabile e gli atri dati - quest'anno - come deroghe. Le assegnazioni sono ancora in corso, la situazione si stabilizzerà nei prossimi giorni con il completamente delle operazioni. Il sottosegretario Davide Faraone risponde però ad alcune domande sulla delega che andrà a ridisegnare il sistema per l'inclusione degli alunni con disabilità.

La legge 107 prevede una delega specifica sull'inclusione scolastica: a che punto sono i lavori? Si può anticipare qualcosa?

Sulla delega che riguarda l'inclusione scolastica stiamo lavorando ormai da mesi in una dimensione di confronto costante con famiglie, operatori e associazioni direttamente coinvolte sul tema della disabilità. Il governo ha 18 mesi dall'entrata in vigore della legge per concludere la stesura del testo, siamo ormai in dirittura d'arrivo e a buon punto. Nel testo che stiamo elaborando stiamo tenendo conto di tutte le criticità che sono emerse fin qui sul tema dell'inclusione degli studenti disabili, per eliminarle e per spazzare via una volta per tutte le ipocrisie che sporcano un sistema d'eccellenza a confronto con gli altri paesi europei. Per questo stiamo andando sempre più nella direzione di una maggiore formazione e competenza per i docenti di sostegno, che fanno un lavoro straordinario ma vanno preparati adeguatamente e in maniera più specializzata, ma anche e soprattutto di tutta la comunità scolastica, perché l'inclusione è responsabilità di tutti e non soltanto di un insegnante particolare per un certo numero di ore. Stiamo andando incontro alle esigenze delle famiglie dando continuità al sostegno per i propri figli, semplificando e uniformando a livello nazionale il sistema di certificazione. Stiamo guardando a un "progetto di vita" per questi ragazzi che tenga conto delle loro abilità e che vada oltre il piano educativo della scuola. Perché non vogliamo più che le famiglie intimorite continuino a chiedere ai presidi di bocciare i figli per mantenerli al sicuro: dobbiamo creare, oltre a una scuola accogliente, una società veramente inclusiva.

 

Un anno fa proprio lei annunciò la nascita di 106 "sportelli autismo", con Vicenza come modello, da rumors però pare che ora su questo ci sia una marcia indietro, nel senso che questi sportelli non sarebbero più finanziati. È così?

Sull'inclusione e sugli strumenti di supporto alle famiglie e agli insegnanti non si fa mai marcia indietro. Al contrario andiamo sempre più verso il consolidamento di luoghi e prassi che possano diventare struttura portante a sostegno di questi ragazzi. La funzione degli sportelli autismo è rafforzata e va inquadrata in coerenza con la delega e con le reti previste dalla legge 107. Il che vuol dire che queste strutture non riceveranno somme una tantum ma diventeranno cardini di un'azione più precisa, puntuale ed efficace. Saranno degli sportelli aperti nei territori, luoghi di supporto per determinate criticità e di risposta alle esigenze che emergeranno. In coerenza con i punti unici di accesso alla cui definizione stiamo lavorando in questi giorni.

Colpisce molto un dato fornito dalla delegazione italiana a Ginevra, rispondendo alle osservazioni del CRPD: l'Italia spende 6,4 miliardi di euro l'anno per i soli insegnanti di sostegno, mentre la Francia, con un numero di alunni comparabile, ne spende solo 1. Tutti dicono che il nostro problema, in termini di inclusione, non è la quantità ma la qualità. Cosa sta immaginando il Ministero per raggiungere e realizzare questa qualità dell'inclusione scolastica?

La delega alla quale stiamo lavorando è una grande occasione per rivoluzionare anche ciò che è stata la percezione del sostegno finora. Mi fa l'esempio della Francia. Ma io potrei citarle tantissimi altri casi di sistemi d'istruzione europei ritenuti eccellenti che però continuano ad avere classi e scuole speciali. Da noi non è più così da decenni: è una conquista di civiltà. Questo, però, non deve esimerci dal costante miglioramento della situazione, perché c'è ancora tanto da fare per i ragazzi disabili e per le loro famiglie. Il sostegno non dovrebbe essere calcolato soltanto in copertura di ore, bisogna non perdere mai di vista la qualità: l'obiettivo è quello di garantire l'apprendimento di questi studenti, di dare loro la possibilità di sviluppare competenze e abilità che gli servano nel proprio progetto di vita.

E proprio per questo non possiamo più pensare che il sostegno sia prerogativa esclusiva di questi insegnanti "eroi per scelta": tutti devono contribuire al pieno inserimento degli studenti disabili nella comunità scolastica. Perché la disabilità non è qualcosa in meno, è qualcosa di diverso. Una diversità che arricchisce, non che deve essere colmata. Come Ministero noi stiamo lavorando su due binari complementari: da una parte stiamo disponendo sul piano degli attrezzi tutti gli strumenti e le risorse fondamentali per garantire l'inclusione; dall'altra stiamo proponendo una rivoluzione culturale nel modo di pensare alla disabilità e degli interventi a sostegno di questa. Se la scuola riesce nel suo scopo di istruire e educare uno studente con disabilità, riesce con tutti. E noi la scuola italiana la vogliamo proprio così.

 
 
26 settembre 2016