Fonte - www.disabili.com - Quanto si è tenuti a dire rispetto alla propria patologia? E' necessario fornire il verbale di invalidità? Cosa posso omettere in riferimento alla mia disabilità? Il colloquio di lavoro è sempre un momento delicato, che produce spesso ansie, e che va preparato con la giusta dose di accortezze. Non si tratta solo di "fare bella figura", ma di riuscire anche a comunicare la proprie potenzialità e aspirazioni, di modo da dare all'azienda una immagine di sé che possa permettere di valutare competenze e capacità del candidato, in relazione al posto da occupare. Il discorso vale tanto più in caso di colloquio di lavoro e disabilità, dove il focus deve spostarsi dalla patologia e incentrarsi piuttosto sulle competenze. E' questa la scommessa più grossa se si vuole che la scelta del candidato sia una scelta di utilità per l'azienda, e non una mera ottemperanza alle leggi sull'occupazione obbligatoria.

Affrontiamo quindi oggi il tema del colloquio di lavoro per le persone con disabilità, dando alcuni consigli e spunti, grazie al contributo di Jobmetoo, primo servizio in Italia dedicato all'inserimento lavorativo delle persone disabili e appartenenti alle categorie protette, che con le sue Pillole del recruiter dà suggerimenti e dritte per evitare passi falsi nel percorso, spesso a ostacoli, verso l'inserimento lavorativo.

Una domanda che speso sorge è: sono tenuto a dare informazioni riguardo la mia malattia o disabilità? Quanto sono obbligato a dire? Ebbene, rispetto a questa questione, la cosa fondamentale è innanzitutto l'approccio: non è tanto importante (e soprattutto non è obbligatorio!) riferire la patologia di cui si è affetti, quanto dare informazioni in maniera molto sincera, rispetto ad eventuali esigenze o bisogni sussistenti. E' infatti nel reciproco interesse (del lavoratore e del datore di lavoro) conoscere se ci siano necessità specifiche in ambito lavorativo - di aiuto o supporto - che possono agevolare lo svolgimento del compito e la sussistenza di eventuali compiti o mansioni sconsigliati in relazione alla condizione di salute del candidato. Se questi sono suggerimenti di buon senso, diverso è invece il discorso dei documenti che è necessario portare al colloquio.

In linea generale, oltre a una copia del vostro curriculum vitae, potreste essere tenuti a mostrare anche copia della diagnosi funzionale (o relazione conclusiva) e copia dell'iscrizione al collocamento mirato. Anche in questo caso la privacy è garantita, dal momento che in nessuno dei due documenti si cita la patologia. Alcune società richiedono copia del verbale di invalidità: di questo, dovreste averne due versioni, di cui una apposta per il datore di lavoro, con diagnosi omessa per tutela della vostra privacy. Fermo restando quindi il diritto alla privacy rispetto alla patologia, ci sono dei documenti - di riconoscimento o legati all'invalidità - che è necessario fornire, poiché contenenti informazioni indispensabili per eventualmente avviare un rapporto di lavoro. Si tratta della percentuale di invalidità, della data di una eventuale rivedibilità, e la sede provinciale del centro per l'impiego e collocamento mirato a cui si è iscritti.

In ultima analisi, come suggeriscono anche gli amici di Jobmetoo, il consiglio è sempre quello di essere sinceri rispetto alle proprie necessità di salute e condizioni rispetto alla propria disabilità o invalidità: si tratta di basi di onestà utili a instaurare un rapporto non solo di reciproca fiducia, ma di proficua collaborazione affinchè le condizioni in cui ci si troverà a lavorare siano le più adatte e serene per tutti.

22 Settembre 2015