Fonte www.redattoresociale.it - La maturità non è uguale per tutti. E se molti ragazzi alla fine degli orali si ritroveranno con un diploma da incorniciare e con la possibilità di iscriversi all’università, per chi ha una grave disabilità, in alcuni casi, non è possibile sognare di indossare un giorno la corona d’alloro. È il caso di Andrea Mezzetti, ragazzo con disabilità di 24 anni, che in queste ore si sta preparando per affrontare l’orale all’Istituto professionale Aldini Valeriani di Bologna. Per lui, che sogna di iscriversi all’Accademia di Belle Arti, ad attenderlo alla fine del suo percorso di studio c’è solo un certificato che gli riconosce dei crediti formativi e che attesta che ha frequentato i cinque anni di scuola superiore.

Per Salvatore Nocera, responsabile area normativo-giuridica dell'Osservatorio scolastico sull'integrazione dell'Aipd nazionale, la cosa è perfettamente normale, almeno dal punto di vista legale. “Secondo quanto stabilisce la legge 122 del 2009, il consiglio di classe quando si trova in presenza di un ragazzo con disabilità compie delle valutazioni in merito alla possibilità o meno di poter affrontare, con le sue sole forze, il percorso di studio e arrivare così all’esame di maturità e ottenerne il diploma”. La legge, infatti, prevede un doppio percorso scolastico a seconda del grado di disabilità.

Il Pei, programma educativo individualizzato, prevede che per uno studente con disabilità venga stabilito a ogni inizio anno un piano didattico diverso: semplificato o differenziato.

Nel primo caso il consiglio di classe stabilisce un programma più semplice e con tempi differenti rispetto agli altri alunni valutando però in positivo la capacità del ragazzo disabile di poter portare a compimento il percorso e arrivare alla fine dei cinque anni e ottenere così il diploma; in quello differenziato, invece, si stabilisce un percorso diverso che permette all’alunno da un lato di acquisire un bagaglio nozionistico essenziale, ma dall’altro risulta insufficiente, visto la sproporzione tra lo sforzo richiesto per lo studio e la capacità di compierlo, per arrivare a sostenere gli scrutini a fine anno e l’esame di stato alla fine del ciclo scolastico.

“Questo non vuol dire che chi ottiene un attestato non possa poi, nel caso le sue condizioni migliorassero, ottenere un diploma e iscriversi all’università – continua Nocera – Si può sempre sostenere l’esame da privatista dopo aver superato le prove integrative che sono una sintesi delle materie che si studiano nei primi quattro anni di scuola superiore”.

Intanto molte università, tra cui lo stesso ateneo bolognese, danno vita a progetti che coinvolgono associazioni che si occupano di disabilità per consentire a molti ragazzi di poter frequentare i corsi. “In passato abbiamo già avuto collaborazioni di questo tipo – spiega Luigi Guerra, direttore del dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Università di Bologna –. Credo che, al di la del titolo accademico, per un ragazzo con disabilità grave sia utile poter frequentare un corso che stimoli i suoi interessi. Sono convinto che in futuro sarà sempre più così”.

30 giugno 2015