Fonte www.superando.it - ll 28 maggio scorso è stato presentato a Roma il Rapporto Annuale 2014 dell'ISTAT sulla situazione del Paese. In particolare, il quarto capitolo di esso si occupa di Tendenze demografiche e trasformazioni sociali. Nuove sfide per il sistema di welfare, offrendo uno spaccato degli andamenti demografici, delle condizioni di vita delle famiglie e delle politiche di welfare del nostro Paese.

Viaggiando tra i dati proposti in questo capitolo, «Condicio.it» – sito della FISH* (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap) che raccoglie dati e cifre sulla condizione di vita delle persone con disabilità – ha ricostruito lo stato dell'arte della spesa e degli interventi relativi alle politiche sulla disabilità, per ciò che è possibile fare sulla base delle statistiche ufficiali.

Tra i 28 Paesi dell'Unione Europea, dunque, l'Italia è settima per la spesa in protezione sociale (che comprende quanto viene speso in Sanità, Previdenza e Assistenza). Nel 2011, il nostro Paese ha infatti destinato, per questa funzione, il 29,7% del proprio Prodotto Interno Lordo (PIL), valore al di sopra della media europea, pari al 29% del PIL stesso. E tuttavia, questa settima posizione è caratterizzata da forti disomogeneità rispetto alle voci di spesa. L'Italia, ad esempio, è il secondo Paese (preceduto dalla Lettonia) per pensioni di anzianità e vecchiaia, voce che assorbe il 52% della spesa per protezione sociale contro la media europea del 39,9%. Mentre è la penultima per la voce Famiglia maternità e infanzia, con il 4,8% (la media europea è dell'8%).

In questo quadro la spesa destinata alle persone con disabilità, nel 2011, è stata pari in Italia al 5,8% della spesa complessiva in protezione sociale, a fronte del 7,7% della media europea, collocandoci tra i Paesi con le percentuali più basse di spesa destinata alla disabilità. A spendere percentualmente meno dell'Italia sono solo Grecia, Irlanda, Malta e Cipro. Si tratta di pensioni di invalidità, contributi per favorire l'inserimento lavorativo, servizi finalizzati all'assistenza e all'integrazione sociale e strutture residenziali. Prestazioni che pesano solo per l'1,7% sul nostro PIL.

Una parte significativa del quarto capitolo del Rapporto Annuale ISTAT viene dedicata alle condizioni economiche delle famiglie, ma nessun dato specifico viene fornito sulle famiglie con all'interno almeno un membro con disabilità, che sappiamo essere uno dei maggiori fattori di rischio.

In Italia, il rischio di povertà nel 2012 è stato uno tra i più alti in Europa: il 19,4% degli individui ha infatti un reddito disponibile inferiore alla soglia di povertà, contro il 17% registrato nell'Unione Europea a 28 Paesi. Nel reddito disponibile delle famiglie sono ovviamente considerati anche i trasferimenti sociali, di cui hanno beneficiato nel 2012 quasi il 38% delle famiglie; si tratta di sussidi per l'invalidità o di disoccupazione (inclusa la cassa integrazione guadagni), di borse di studio, di benefìci a sostegno delle famiglie (come gli assegni al nucleo familiare) e di contributi pubblici per le spese dell'abitazione (come l'affitto).

Se non considerassimo tali trasferimenti, il rischio di povertà in Italia salirebbe al 24,4% e in Europa al 25,9%. La spesa sociale di tipo non pensionistico riduce, quindi, il rischio di povertà della popolazione residente, in Italia di circa il 20% e a livello europeo di ben il 34% (valore che varia dal 14% circa in Grecia a più del 50% per i Paesi scandinavi, l'Islanda e l'Olanda), a significare che i trasferimenti sociali, nel nostro Paese, sono meno efficaci e consistenti che nel resto d'Europa.

Per leggere l'articolo integrale clicca qui

*Direttore responsabile di «Condicio.it». Il presente testo appare anche in «WOL – Welfare On Line», webzine dell'Associazione Nuovo Welfare (Anno X, n. 4) e viene qui ripreso – con minimi riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.

**Cui Anffas Onlus aderisce

9 luglio 2014