Fonte www.vita.it - L'Istat che ha reso noti i dati del IX censimento generale dell'industria e dei servizi ha sottolineato come il settore più dinamico dell'ultimo decennio sia stato il non-profit: le istituzioni del comparto sono aumentate del 28% e gli addetti del 39,4% con 4,7 milioni di volontari (qui trovate tutti i dati).

Tutto bene, quindi? C'è da festeggiare e da riaccendere, a 12 anni dal primo censimento delle istituzioni non profit, la retorica del "quanto siamo belli, bravi e buoni".

Per favore, non fatelo, per favore, non facciamolo. Non c'è nulla da festeggiare! Commentando i dati del 9° censimento il ministro per la Pubblica amministrazione, Gianpiero D'Alia, ha dichiarato: "Ci fa piacere che la realtà del non profit abbia spazio rilevante e sia utile a tenere insieme un Paese che deve uscire, speriamo presto, dalle sue difficoltà". Già D'Alia è contento perchè, se, da una parte, diminuisce l'occupazione dipendente nell'istruzione e nella sanita' e assistenza sociale pubblica (rispettivamente -10,3% e -8,6%), dall'altra aumenta contestualmente nelle stesse attività economiche il numero degli addetti nel non profit (+78mila nell'istruzione, +123mila nella sanità e assistenza sociale) e nelle imprese (rispettivamente +13mila e +148mila).

Una conferma del progressivo ampliamento dei servizi di mercato, sottolinea l'Istat. E fin qui tutto bene, o quasi: che la macchina pubblica con i suoi ingranaggi burocratici esposti all'inefficienza, all'inefficia e all corruzione debba dimagrire, è cosa scritta dovuta per chi voglia rispondere davvero ai bisogni e a chi non vuole più crescere a debito da scaricare sulle generazioni più giovani. Ciò che non è ammissibile è che si commenti questo dato di realtà dicendo che così emerge che il ruolo del settore della sussidiarietà e la sua crescita negli ultimi anni.

Ma quale sussidiarietà? Per favore non diciamo corbellerie, si è trattato di un'esternalizzazione quasi brutale dei servizi di pubblica utilità. Esternalizzazione brutale perchè non accompagnata né da sperimentazioni adeguate, né da un credito capace di accompagnarne la crescita (anzi, il settore vanta crediti dalla PA per crica 7 miliardi!), né accompagnato da finanziamenti pubblici ridotti in 6 anni del 78%, né da alcun intervento legislativo che ci mettesse al pari di ciò che chiede l'Europa.

Così ci troviamo in questa situazione:

Un 5 per mille scippato dallo stesso Stato, a proposito di sussidiarietà, e da reinventare ogni anno;

•Una legge dell'impresa sociale, unica norma prodotta negli ultimi 10 anni, stupida e che ci taglierà fuori dai fondi europei per l'imprenditoria sociale;

•Un codice civile che al riguardo vale ancora nella stesura del 1942 e che non vede altro che Stato e mercato ed è cieco su ciò che sta in mezzo;

•Norme che continuano a penalizzare la donazione privata.

E la finisco qui, anche se si potrebbe continuare.

Quindi cari amici del non profit, niente retorica please. Non festeggiate, piuttosto cerchiamo di capire a fondo come e perchè questo calabrone preso a sassate continui malgrado tutto a volare e cerchiamo, soprattutto di cambiare qualcosa degli assetti istituzionali che regolano questo settore, perchè se qualcosa non cambia morirà o ne sarà snaturato per sempre.

*Direttore editoriale di Vita

12 luglio 2013