Fonte www.superando.it | Stefano Borgato - Verrebbe semplicemente da dire che il mondo “non è un paese per persone con disabilità”, leggendo l’importante rapporto elaborato da sette organizzazioni impegnate a livello mondiale sui diritti delle stesse persone con disabilità, pubblicato qualche giorno fa con il titolo Disability rights during the pandemic (“I diritti delle persone con disabilità durante la pandemia”), disponibile integralmente a questo link.

Basato infatti su oltre tremila testimonianze provenienti da ben 134 Paesi di tutto il mondo, riferite per la stragrande maggioranza a persone con disabilità o ai loro familiari, il documento evidenzia in modo netto quella che viene letteralmente definita come «una catastrofica incapacità di proteggere la vita, la salute e i diritti delle persone con disabilità durante la pandemia da Covid-19» da parte della generalità degli Stati, indipendentemente dal loro sviluppo economico e sociale. E alla luce di quanto sta accadendo in queste settimane, con i tassi di contagio che aumentano ovunque, non si può certo leggere il rapporto come una semplice “ricognizione storica” di quanto già accaduto, bensì come uno strumento di pressione a intervenire rapidamente, considerando che le persone con disabilità sono nuovamente sottoposte a restrizioni che hanno già portato a gravi conseguenze. In tal senso, le organizzazioni promotrici dell’iniziativa chiedono con forza di «catalizzare un’azione urgente nelle settimane e nei mesi a venire», pur non essendo di conforto il fatto che al sondaggio sottostante al rapporto assai pochi Governi o Istituzioni di monitoraggio abbiano voluto rispondere.

Si tratta in ogni caso di un documento che, se esaminato con attenzione dai responsabili politici, sanitari e sociali, oltreché dalle forze dell’ordine e dalla stessa società civile dei vari Stati, consentirebbe di garantire che le persone con disabilità non siano più sacrificate nell’ambito dei provvedimenti necessari a contenere la pandemia.

Sono sostanzialmente quattro le questioni principali evidenziate dall’indagine, che vengono elencate così in una nota diffusa dall’IDA (International Disability Alliance): «La totale incapacità di proteggere la vita delle persone con disabilità negli istituti residenziali, che sono diventati “punti caldi” durante la pandemia. Infatti, anziché dare priorità a misure di emergenza per reintegrare le persone nella loro comunità, molti istituti sono stati chiusi e bloccati, con conseguenze fatali».

I provvedimenti di lockdown diffusi e rigidi hanno causato quindi «drammatiche interruzioni dei servizi essenziali nella comunità, facendo sì che tantissime persone con disabilità non potessero accedere a beni di base, incluso il cibo, e a supporti come l’assistenza personale». Secondo il rapporto, «la rigorosa applicazione di questi blocchi da parte delle forze dell’ordine è arrivata addirittura a provocare risultati tragici, inclusa la morte di persone con disabilità».

E ancora, su altri fronti, ai bambini/e e ai ragazzi/e con disabilità è stato negato, per la grande maggioranza, «l’accesso all’istruzione in linea», mentre le persone con disabilità senza dimora «sono state arrestate o lasciate completamente a se stesse».

E da ultima, ma non certo ultima, «la tendenza a negare l’assistenza sanitaria di base e di emergenza, con tanto di procedure di triage discriminatorie, negando alle persone con disabilità l’accesso alle cure per Covid-19, proprio a causa della loro disabilità»