Fonte www.anffasmodica.it - Come responsabile di un’associazione che si occupa di disabilità (in particolare intellettiva e del neurosviluppo) vorrei condividere le mie riflessioni su come le problematiche delle persone con disabilità sono state gestite dal privato sociale, in particolare dal mondo dell’associazionismo, della cooperazione e dalle famiglie durante l’emergenza Covid19. 

Queste ciò che ho potuto osservare: non c’è stata alcuna programmazione né a livello regionale né a livello locale; nei vari Comuni della Sicilia nessun Ente pubblico ha creato servizi alternativi contrariamente a quanto previsto dal Governo e dall’Ufficio per le politiche della persona con Disabilità in apposite linee guide; non abbiamo sentito parlare di alcun piano territoriale e, durante il lockdown, le associazioni del territorio non sono state ascoltate né dall’assessore alla famiglia né da quello della Sanità. La Regione Sicilia ha preferito invece intervenire togliendo Fondi dai Piani di Zona per sostenere le famiglie nel pagamento degli affitti e per sostenere (sempre tramite questi fondi) le cooperative e le associazioni per l’acquisto dei dispositivi di sicurezza. Inoltre, non c’è stata chiarezza al momento delle riaperture dei centri diurni o semiresidenziali in quanto i vari assessorati hanno scaricato le responsabilità sugli enti gestori, che hanno dovuto sostenere spese enormi.

La gestione dell’emergenza Covid mi ha portato a concludere che, in Sicilia, una programmazione sulla disabilità non esiste. Un altro esempio è dato a mio avviso da come i 55 Distretti Socio-Sanitari hanno gestito la legge sul “Dopo di noi”: solo pochissimi distretti hanno presentato progetti alla Regione per accedere ai fondi della legge in questione e senza che vi fosse una interpretazione univoca della stessa.

Lo stesso potremmo dire dei Piani di Zona per l’interpretazione della legge 328/00. Per cercare di creare prassi uniformi e condivise sul territorio associazioni come Anffas Sicilia ed ANCI hanno tenuto diversi corsi con esperti di settore, coinvolgendo naturalmente i Comuni (alcuni hanno riguardato la Legge sul Dopo di Noi o il Progetto individualizzato). Nonostante la validità della formazione e la massiccia partecipazione di funzionari e dirigenti sembra però che , come si dice dalle nostre parti, “quello che è entrato da un orecchio sia poi uscito dall’altro”.

Se così non fosse, le sentenze del TAR su come si stipulano progetti di Vita ex art.14 L.328/00 e sul “Dopo di noi” sarebbero ben diverse. Se prima la Sicilia era una Regione all’avanguardia per la sua legislazione sociale adesso sembra trattare il settore con noncuranza, e ciò riguarda indistintamente tutta la classe politica sia di maggioranza che all’opposizione. Può sembrare un giudizio duro ma fa certamente riflettere che una Regione come la Sicilia, “la porta dell’Europa”, ancora non abbia ratificato la Convenzione ONU della Persona con Disabilità né modificato le varie leggi di settore.

Speriamo che l’emergenza sanitaria porti a un cambiamento radicale della politica siciliana nel modo di programmare i servizi per la disabilità, ma perché questo avvenga non solo ci vuole un maggiore dialogo tra assessorato alla famiglia e assessorato alla sanità ma anche tra questi palazzi ed il mondo dell’associazionismo e della cooperazione. Lo si diceva vent’anni fa con la L.328/00 e adesso, a sottolinearlo ancora più forte, è intervenuta la riforma del Terzo settore.

Voglio concludere con un mio piccolo pensiero, come responsabile legale di una piccola associazione che da 20 anni è presente nel territorio locale e regionale. Forse ci vorrebbero maggior controllo e maggiore chiarezza sulle direttive e sulle linee guida che si inviano ai distretti socio sanitari e si potrebbe/dovrebbe puntare, specie a livello sanitario, su progetti come il DAMA(Disabled Advanced Medical Assistance) presso tutte le ASP della Sicilia, così “le persone con disabilità potrebbero ammalarsi come tutti gli altri”.