Fonte www.superabile.it - La controversia era nata dal ricorso presentato per la realizzazione di un ascensore installato per raggiungere i piani alti di un edificio tutelato in attuazione della Legge 13/89 articolo 2. Il tribunale amministrativo aveva respinto il ricorso presentato per il rifiuto del Comune, in cui era stata realizzata l’opera, di applicare sanzioni per l’opera compiuta, considerata illecita. Arrivata nelle aule del Consiglio di Stato, con la sentenza del 2 dicembre 2019, n. 8225, i giudici hanno respinto il ricorso del proprietario dell’edificio limitrofo, riaffermando principi interpretativi, acquisiti ampliamente dalla giurisprudenza, relativamente sia alle condizioni per negare le opere per all’accessibilità su edifici sottoposti a tutela che all’estensione dell’interpretazione, anche a persone “con difficoltà”, e non esclusivamente con disabilità della applicazione della Legge 13/89.
 
Il Consiglio richiamando precedenti sentenze, anche della Cassazione, ribadisce come la legge citata in attuazione delle soluzioni per il superamento delle barriere architettoniche debba essere applicata, imponendo un’interpretazione estensiva, anche quando si tratti di persone anziane le quali, pur non essendo “portatrici di disabilità” vere e proprie, abbiano comunque di disagi fisici e di difficoltà motorie.
La stessa norma esprime il principio secondo il quale i problemi delle persone con difficoltà devono essere assunti dall'intera collettività, e in tal senso impone che in via generale nella costruzione di edifici privati e nella ristrutturazione di quelli preesistenti, le barriere architettoniche siano eliminate indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di persone disabili, trattandosi comunque di garantire i diritti fondamentali.
 
In ordine al tema dell’edificio tutelato, come previsto dal comma 4 dell’articolo 4 della Legge 13/89, la realizzazione delle opere “può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza serio pregiudizio del bene tutelato”.

Pertanto, gli interventi volti a migliorare le condizioni di vita delle persone con difficoltà, possono essere effettuati anche su beni sottoposti a vincolo come i beni culturali, e la relativa autorizzazione, al comma 5 dello stesso articolo, precisa “Il diniego deve essere motivato con la specificazione della natura e della serietà del pregiudizio, della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui l'opera si colloca e con riferimento a tutte le alternative eventualmente prospettate dall'interessato”. L’onere di motivazione richiesto è esplicitazione della anteposta protezione della persona difronte alla tutela del bene che può soccombere solo in casi eccezionali motivati.
 
In quest’ultima sentenza il Consiglio di Stato, ripercorrendo, in sintesi, questi argomenti, si è quindi così espresso: “relativamente alla natura delle opere in contestazione, la rilevanza del tema è nota anche alla giurisprudenza di questo Consiglio, come emerge, a titolo esemplificativo, dall’orientamento secondo il quale, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 13 del 1989, gli interventi volti ad eliminare le barriere architettoniche previste dall’ art. 2 della stessa legge, ovvero quelli volti a migliorare le condizioni di vita delle persone svantaggiate, dovendosi intendere come tali non solo quelle portatrici di disabilità, ma anche le persone che soffrono di disagi fisici e difficoltà motorie, possono essere effettuati anche su edifici sottoposti a vincolo come beni culturali, sicché l'autorizzazione può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza pregiudizio del bene tutelato”.
 
Per consultare la versione integrale della sentenza è possibile accedere al sito web Giustizia Amministrativa - Consiglio di Stato - Tribunali Amministrativi Regionali nella sezione Decisioni e Pareri ed avviare la ricerca con anno e numero della sentenza.