Fonte www.redattoresociale.it - Risparmiare sulla pelle di chi ha una disabilità non si può, neanche quando le risorse scarseggiano: lo ha ribadito con forza il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso dei genitori di un giovane adulto con disabilità, non autosufficiente, a cui era stato rifiutato “l'immediato inserimento del figlio nel Centro diurno, al fine di permetterne la tempestiva fruizione”. Solo nel luglio 2018 l'inserimento era stato accordato: per il periodo trascorso tra la richiesta e il suo accoglimento, i genitori chiedevano dunque un risarcimento pari a 25 mila euro. La vicenda è ripresa da Grusol (Gruppo Solidarietà ), che pubblica la sentenza.

L'istanza dei genitori era stata inizialmente rigettata dal Tar del Veneto, che dava ragione all'azienda sanitaria, la quale si diceva “tenuta a garantire i livelli essenziali di assistenza socio sanitaria nel rispetto dei vincoli di bilancio assegnati annualmente dalla Regione e dalla Conferenza dei Sindaci fruizione”.

Nel rigettare il ricorso dei genitori, il Tar affermava che “il diritto alla salute deve essere bilanciato e contemperato con altri beni di rilevanza costituzionale (come, nel presente caso, l’equilibrio del bilancio pubblico e, in particolare, del bilancio regionale)” e definiva pertanto “corretto l’operato dell’Amministrazione sanitaria della Regione Veneto che, pur dopo l’istituzione del Fondo regionale per la non autosufficienza ai sensi della legge regionale n. 30/2009, può erogare i necessari finanziamenti in favore dei destinatari nei limiti delle risorse disponibili”.

La famiglia, tuttavia, non si è data per vinta e si è rivolta al Consiglio di Stato, ottenendo questa volta un verdetto favorevole: “L'appello merita accoglimento – sentenzia il Consiglio di Stato - L’inserimento del Sig. nel Centro Diurno per cinque giorni a settimana, a partire dal 3 luglio 2018, non soddisfa l’interesse fatto valere con il ricorso”. Non solo: “Non esisterebbe ancora un P.A.I. (piano di assistenza individualizzato) per la globale presa in carico della persona”. Come si legge nella sentenza, “il mancato inserimento nel Centro diurno, laddove ne sia stata valutata la necessità terapeutica e assistenziale per la totale disabilità accertata, è contrario a tutte le norme nazionali e internazionali, invocate dai ricorrenti, che pongono tra i valori essenziali da tutelare nel nostro ordinamento la salute e dignità delle persone disabili”.

Di deonte a questo diritto prioritario, le questioni di bilancio non possono valere.  “Le norme a tutela dei disabili, in un quadro costituzionale che impone alle Istituzioni di favorire lo sviluppo della personalità – si legge nella sentenza - risultano essenziali al sostegno delle famiglie ed alla sicurezza e benessere della società nel suo complesso, poiché evitano la segregazione, la solitudine, l'isolamento, nonché i costi che ne derivano, in termini umani ed economici, potenzialmente insostenibili per le famiglie; inoltre, l'inserimento e l'integrazione sociale rivestono fondamentale importanza per la società nel suo complesso perché rendono possibili il recupero e la socializzazione”.

Nel caso specifico, “il Collegio ritiene che l’affermato principio dell’equilibrio di bilancio in materia sanitaria, ribadito in più occasioni anche dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. AP 3 del 2012 CDS III 5538/2015; 3060 del 2018), non possa essere invocato in astratto, ma debba essere dimostrato concretamente come impeditivo, nel singolo caso, all’erogazione delle prestazioni e,

comunque, nel caso in cui la disabilità dovesse comportare esigenze terapeutiche indifferibili, il nucleo essenziale del diritto alla salute deve essere salvaguardato”.

Fa riferimento anche, il Consiglio di Stato, alla sentenza n. 80 del 2010 della Corte Costituzionale, che “dopo aver rimarcato che sussiste la discrezionalità del legislatore 'nella individuazione delle misure necessarie a tutela dei diritti delle persone disabili', ha osservato anche che tale discrezionalità del legislatore trova un limite nel "rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati".

Per tale motivo, il Consiglio di Stato accoglie l'appello dei genitori e riconosce anche il loro diritto al “risarcimento del danno derivato dall’illegittimo diniego, sussistendo i profili di colpa evidenziati nella gestione dei poteri organizzativi per il reperimento delle risorse atte a dare adeguata assistenza al disabile nel periodo ottobre 2017/luglio 2018”. Il Collegio condanna dunque l'azienda sanitario al pagamento di 10 mila euro a favore della famiglia, oltre a 5 mila euro di spese di giudizio.

Il testo della sentenza è disposinibile qui.