Fonte www.superando.it - Si stima che nei Paesi del Sud del mondo il 90% dei bambini con disabilità non abbia accesso ai sistemi scolastici e che di quel 10% che va a scuola, solo la metà completi il ciclo di istruzione primaria. Per questo CBM Italia – componente nazionale dell’organizzazione umanitaria impegnata nella cura e nella prevenzione della cecità e disabilità evitabile nei Paesi del Sud del mondo – dedica numerosi programmi all’educazione inclusiva, con iniziative concrete in vari Stati, prendendo come punto di riferimento la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

Secondo il rapporto prodotto nel 2013 dall’Unicef su Bambini e disabilità, nel mondo sono circa 93 milioni i bimbi e ragazzi da 0 a 14 anni con una disabilità, dei quali 65 milioni vivono nei Paesi più poveri (come si può leggere anche nel documento di CBM intitolato My Right is Our Future), ove avere una o più disabilità rende tutto molto più difficile, anche andare a scuola. A tal proposito, secondo CBM Italia – componente nazionale dell’organizzazione umanitaria impegnata nella cura e nella prevenzione della cecità e disabilità evitabile nei Paesi del Sud del mondo – si stima che in questi ultimi il 90% dei bambini con disabilità non abbia accesso ai sistemi scolastici e di quel 10% che va a scuola, solo la metà (5%) completi il ciclo di istruzione primaria.
«Si tratta di dati a dir poco allarmanti – commenta Massimo Maggio, direttore di CBM Italia – specie ora che siamo a settembre e che tutti i bambini si stanno preparando per tornare a scuola. Per questo siamo impegnati da anni nel garantire l’inclusione delle persone con disabilità nei Paesi del Sud del mondo, anche dal punto di vista educativo. È importante, infatti, riconoscere nell’educazione inclusiva un processo che migliori la partecipazione scolastica e il raggiungimento di obiettivi da parte di tutti gli studenti, anche di quelli con disabilità».

«Quello dell’educazione inclusiva – sottolineano da CBM Italia – è certamente un processo a lungo termine, che annovera diversi obiettivi, tra cui quello di attuare un cambiamento di politiche e di pratiche, identificare e rimuovere le barriere, assicurare che tutti abbiano accesso e possano ottenere risultati da un’educazione di qualità. A supportare tale percorso vi è segnatamente l’articolo 24 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (Educazione), a cui la nostra organizzazione lavora da anni e che recita: “Gli Stati Parti riconoscono il diritto all’istruzione delle persone con disabilità all’istruzione. Allo scopo di realizzare tale diritto senza discriminazioni e su base di pari opportunità, gli Stati Parti garantiscono un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli”».
In questo àmbito, va ricordato, CBM Italia ha sostenuto lo scorso anno sei programmi di educazione inclusiva in Etiopia, Kenya, India, Vietnam e Honduras, grazie ai quali 7.618 bambini con disabilità sono stati inseriti nelle scuole e hanno ricevuto supporto scolastico, e 3.694 insegnanti sono stati formati. Per il futuro, inoltre, saranno altri ancora i programmi promossi, tra i quali è sicuramente degno di nota quello che grazie a una collaborazione con il Gruppo ARCò (Architettura e Cooperazione), porterà entro il 2012 a costruire in Etiopia, nel villaggio di Robit, una scuola inclusiva, ovvero una scuola aperta anche a studenti con disabilità.
«Ad oggi – spiegano da CBM Italia -, nella scuola esistente a Robit studiano e vivono quaranta bambini con disabilità, troppi per gli spazi presenti e per l’inadeguatezza della struttura nel rispondere alle esigenze di studenti con disabilità diverse: visive, uditive e motorie. L’area individuata per la costruzione della nuova scuola, dedicata esclusivamente alle classi primarie dal primo all’ottavo grado, avrà come beneficiari circa ottanta studenti e naturalmente, oltre alla costruzione, il progetto prevede anche l’acquisto degli arredi e delle attrezzature, il vitto per gli studenti con disabilità e la fornitura di vestiti e materiale scolastico».

«La costruzione della scuola a Robit – conclude Maggio -, così come tutti gli altri programmi di educazione inclusiva, alimentano il nostro lavoro nell’attuazione dell’articolo 24 della Convenzione ONU. Non è pensabile, infatti, avere due sistemi educativi, uno che include la disabilità e uno che la esclude».